20 giugno 1976: i rivoluzionari e le elezioni

dpIl 1976 è l’anno che segna nel panorama politico e sociale italiano una frattura evidente tra quelle che erano state le analisi delle organizzazioni della sinistra rivoluzionaria e l’evolversi della situazione reale. Negli anni precedenti il movimento rivoluzionario aveva conquistato sempre più spazi nelle fabbriche, nelle scuole e nei quartieri, si sviluppavano movimenti nuovi e tutto lasciava presagire che, anche alla luce della straordinaria vittoria elettorale del PCI nelle elezioni amministrative del 1975, l’obiettivo di un governo delle sinistre fosse praticabile e che in quest’ottica Lotta Continua dovesse lavorare per creare un’area capace di influenzare e condizionare il futuro Governo. Ma la crisi economica spariglia le carte in tavola e disegna nuovi scenari; una crisi di governo a gennaio con le dimissioni di Aldo Moro porta alla prospettiva di elezioni anticipate; in questa prospettiva LC abbandona l’indicazione del voto al PCI (praticata nelle elezioni amministrative dell’anno precedente) e punta sulla presentazione unitaria della sinistra rivoluzionaria, consapevole di poter “raccogliere e mobilitare una sinistra della classe che va enormemente oltre il riferimento diretto alla nostra come alle altre organizzazioni rivoluzionarie” (Lotta Continua, 3 febbraio 1976 – pagine 3 e 4 – http://www.lalottacontinua.it/giornale-archivio/LC1_1976_03_2_0003.pdf )

Nonostante la formazione a febbraio di un governo monocolore DC guidato ancora da Aldo Moro, che nella sua breve durata si distinse per aver messo in atto una delle più pesanti “stangate” degli ultimi anni (due aumenti della benzina in 10 giorni e l’aumento dell’IVA su molti generi di consumo), il dibattito sulla lista unitaria avanza non senza asperità e mentre piccoli gruppi della sinistra rivoluzionaria (La Lega dei Comunisti, i GCR- IV Internazionale, il Movimento dei Lavoratori per il Socialismo ed il gruppo che fa riferimento alla rivista “Praxis”) aderiscono alla proposta unitaria, il PdUP ed Avanguardia Operaia la respingono.

Alla fine di aprile, nonostante i segnali fossero inequivocabili fin dai primi giorni del mese, viene formalizzato lo scioglimento delle camere ed il ricorso alle elezioni anticipate; non a caso in un editoriale del 10 aprile http://www.lalottacontinua.it/giornale-archivio/LC1_1976_04_10_0001.pdf dal titolo “LE ELEZIONI E L’UNITA’ A SINISTRA” si afferma che:

“Le elezioni politiche anticipate sembrano sempre più certe. Non possiamo che rallegrarcene noi che abbiamo indicato questa necessità ‘da mesi, quando tutte le forze politiche giocavano la tattica del logoramento e dello scaricabarile, regalando tempo e spazio all’attacco padronale e alle operazioni d’ordine.

Nel momento in cui si va compiendo questo passaggio politico, è necessario tirare le prime somme sul modo in cui la sinistra rivoluzionaria arriva ad esso, dopo aver tanto contribuito ad anticiparlo e a prepararlo.

Abbiamo detto, e ripetiamo, che pronunciarsi su questa scadenza con la pusillanimità da piccini amministratori e, peggio, con i calcoli di parrocchia di tanti altri periodi è un segno di cecità politica paurosa: che è una situazione nuova ed eccezionale che ci sta di fronte, e che è con un atteggiamento nuovo e diverso che la dobbiamo trattare

Che c’è un’emergenza per i padroni ma c’è un’emergenza anche per i rivoluzionari. Che bisogna sapere e dire chiaramente che cosa è più importante e che cosa lo ·è meno. In questo caso, se si ritiene o no che la cosa più importante sia la possibilità, senza precedenti nella storia del movimento operaio, che un’area sociale vasta contrassegnata dall’autonomia di classe e dalla volontà di comunismo trovi un’espressione comune in un nuovo sistema politico caratterizzato dal peso del PCI, ipotecandone la natura e gli sviluppi. In un nuovo parlamento al quale si arrivasse con questa scelta, il partito della rivoluzione avrebbe non una presenza simbolica ma una presenza consistente e influente, tale da costituire di per sé un fattore caratterizzante del trapasso di regime. Sono milioni di voti, milioni di proletari, di giovani, di avanguardie di massa – che potrebbero riconoscersi in una scelta elettorale che privilegiasse l’unità fondamentale nella scelta di classe e nell’autonomia dal revisionismo. Sono sicuri, i compagni che rifiutano questa linea, di avere riflettuto abbastanza al significato di una simile possibilità? Sono sicuri di aver considerato quanto poco è “elettoralistica”, e quanto è viceversa sostanzialmente politica? Sono sicuri, d’altra parte, gli stessi compagni, di aver riflettuto abbastanza al significato di una presenza elettorale divisa della sinistra rivoluzionaria, a una proposta doppia portata in tutte le situazioni di massa e di movimento, in tutte le fabbriche, le scuole, le caserme, i quartieri? Noi diciamo molto francamente che abbiamo l’impressione che non si sia voluto e non si voglia fare i conti, da parte di altre organizzazioni, con la dimensione reale della questione. che si sia preferito e si preferisca la navigazione di piccolo cabotaggio, o l’opportunismo di bandiera; che non si abbia il coraggio, la responsabilità e l’apertura mentale che la situazione di classe esige_ Vogliamo ancora una volta’ richiamare queste organizzazioni, serenamente ma con fermezza, a riflettere sulle loro scelte. E sgomberare con franchezza il terreno dalle riserve mentali e dai sotterfugi,’ un sotterfugio di bassa lega, per esempio, (‘opinione di alcuni compagni del Pdup che si possa fare muro nel confronto politico con Lotta Continua, perché tanto alla fine Lotta Continua deciderà di non presentarsi alle elezioni. Noi abbiamo detto quando e come prenderemo la nostra decisione definitiva, col pronunciamento di tutta la nostra organizzazione: ma questo non consente illusioni e piccole manovre a nessuno. L’orientamento col quale noi ci siamo mossi fin dall’inizio, e che conserviamo, è l’orientamento a impiegare ogni nostra energia in una giusta battaglia unitaria, ma a partire dalla decisione a contare sulle nostre forze e ad essere comunque autonomamente presenti in forma generale, se il disaccordo altrui lo provocherà, nelle elezioni.”

Se questo editoriale (che potete leggere integralmente nella versione digitalizzata del giornale) trova positiva risposta dal Comitato Centrale di Avanguardia Operaia, lo stesso non si può dire del PdUP che mantiene una posizione di fermezza contro l’accordo elettorale e che determina un comunicato congiunto PdUP-AO in cui a Lotta Continua viene offerta unicamente la possibilità di inserire propri candidati in alcuni collegi in relazione a particolari situazioni locali; l’assemblea nazionale di Lotta Continua convocata il 19 aprile respinge la proposta e prende ufficialmente la decisione di presentare proprie liste autonome, senza però smettere di lavorare per una presentazione unitaria, forte non solo della consapevolezza che la presentazione di due liste a sinistra del PCI potrebbe trasformarsi in una catastrofe, ma anche delle numerose adesioni che da più parti del paese all’appello all’unità dei rivoluzionari e dalla comune pratica unitaria che esiste in situazioni particolari (specie a Napoli, nel sud e nei piccoli centri) che supera gli steccati di organizzazione e che non vede di buon occhio i giochi di partito e dei loro gruppi dirigenti.

Il 27 aprile la situazione si sblocca grazie alla proposta di mediazione, presentata da Adriano Sofri, che prevede la presenza di candidati di Lotta Continua in tutte le circoscrizioni e la rinuncia a qualsiasi altra condizione sulla denominazione della lista e sul programma; AO si dichiara immediatamente favorevole ed il Comitato Centrale PdUP riunitosi nei primi giorni di maggio, nonostante una consultazione nel partito confermi la contrarietà a questa ipotesi unitaria, per “realismo politico” accetta la proposta.

Il quotidiano Lotta Continua (9/10 maggio 1976) http://www.lalottacontinua.it/giornale-archivio/LC1_1976_05_9-10_0001.pdf  titola:

UNA SOLA LISTA DEI RIVOLUZIONARI. HA VINTO LA RAGIONE E LA VOLONTA’ DEL MOVIMENTO DI MASSA

La campagna elettorale di Lotta Continua verterà sul rapporto tra “il governo delle sinistre” che è l’obiettivo immediato da perseguire attraverso la sconfitta della Democrazia Cristiana e il “potere popolare” che già vive nelle lotte e che deve essere sviluppato nella prospettiva del cambio di regime.

Nonostante le aspettative, il risultato non è quello previsto: non solo Democrazia Proletaria raccoglie molto meno di quanto ci si potesse aspettare (557.000 voti, con l’elezione dei 6 deputati Lucio Magri, Luciana Castellina Eliseo Milani del PdUP, Massimo Gorla e Silverio Corvisieri di Avanguardia Operaia e Mimmo Pinto di lotta Continua), ma non c’è il previsto tracollo della Democrazia Cristiana, al contrario avviene un’inversione di tendenza rispetto al referendum sul divorzio del 1974 ed alle elezioni amministrative del 1975, la crisi del partito di regime si arresta e l’ulteriore avanzamento del PCI non apre la strada ad un’alternativa di potere alla DC ma prefigura piuttosto un processo di stabilizzazione, il quadro che esce dalle elezioni del 20 giugno del 1976 non è quello del “governo delle sinistre” ma è semmai quel del “compromesso storico”.

Lotta Continua non cerca di nascondere l’effetto travolgente del risultato elettorale, http://www.lalottacontinua.it/giornale-archivio/LC1_1976_06_22_0001.pdf ed Adriano Sofri, nel corso del Comitato Nazionale, parla di “sconfitta politica” e, in merito alle previsioni di Lotta Continua, “dell’errore più clamoroso della nostra storia”