Il 1968 in Giappone

Il 3 marzo 1968, scontri in Giappone tra studenti e forze dell’odine durante le manifestazioni contro l’intervento americano in Vietnam.
Il 12 marzo, il servizio d’ordine del movimento studentesco affronta la polizia a Narita, a 70 km. da Tokyo: 198 arresti.
Scontri che si ripetono il 28 dello stesso mese, nel corso delle proteste per la presenza delle navi della sesta flotta, dotate di armi nucleari, nei porti nipponici. Gli studenti chiedono il ritiro totale dei B52 Usa dalla base di Okinawa. Qui, negli anni sessanta, erano dislocati circa 60.000 soldati statunitensi e, sempre da qui, dal 1965, decollavano i B-52 diretti in Vietnam. Nella sola base di Kadena, nel sud dell’isola, erano depositate tra le 1000 e 1500 armi nucleari.
Il 31 marzo, a Narita, prosegue la battaglia degli studenti e dei contadini contro la costruzione di un nuovo aeroporto, destinato a essere usato come base militare americana.
Già nel mese di febbraio, sempre a Narita, gli studenti dello Zengakuren, con la solidarietà dei contadini, si erano scontrati con la polizia. Bilancio, 400 feriti, di cui 366 poliziotti e 17 arresti. Così come a Okinawa, davanti alla locale base Usa.
In Giappone, le prime manifestazioni studentesche, organizzate dallo Zengakuren risalgono agli inizi degli anni Sessanta, e furono segnate dall’antiamericanismo. Lo Zengakuren (全学連), o Federazione dell’Autogoverno Studentesco del Giappone (全日本学生自治会総連合 Zen-nihon gakusei jichikai sōrengō) è un sindacato nazionale studentesco giapponese, nato nel 1948. Il sindacato studentesco è stato protagonista di numerose proteste: da quella contro la guerra in Corea, alla questione delle basi americane sul suolo giapponese, sino alle grandi manifestazioni di protesta del 1968.
Nel 1967-1968, la guerra del Vietnam costituì il motivo più importante delle rivolte studentesche e delle altre spettacolari manifestazioni contro ospedali americani, basi militari, convogli di munizioni e navi da guerra che facevano scalo nei porti. Anche in questo caso, l’agitazione di massa che nel 1968 investì le università si alimentò da fonti diverse. A Tokyo, uno sciopero indetto all’inizio di luglio contro il finanziamento della ricerca medica da parte dell’esercito americano. Nel ‘68 lanciarono la parola di ordine: “trasformiamo il Kanda [distretto accademico di Tokio] in Quartiere latino”. A maggio, in un’altra università, sorse un comitato di lotta. Gli studenti protestarono contro la decisione di costruire una biblioteca al posto di una sede sindacale, contro la censura che colpì giornali e riunioni e contro l’eccessivo numero degli iscritti. L’occupazione degli edifici, che fece seguito agli incidenti provocati da studenti di estrema destra, durò diversi mesi. Lo scenario degli eventi sembrò ovunque lo stesso. Rivendicazioni relative alla gestione delle università, interventi, arresti, lotte e infine la capitolazione delle autorità universitarie. Se l’inizio del 1969 fu ancora segnato da drammatici scontri fra la polizia e gli studenti, la fine del 1968 vide le autorità universitarie dimettersi e concedere importanti diritti agli studenti. Tuttavia, la violenza fisica degli scontri tra gruppi di studenti, fra studenti e poliziotti, le tecniche rituali delle manifestazioni di piazza organizzate dai gruppi di estrema sinistra, la violenza simbolica degli incontri fra studenti e i rappresentanti del potere universitario, ispirata alla prassi delle guardie rosse in Cina, furono tutti tratti distintivi dell’agitazione nelle università giapponesi. Il movimento studentesco americano, segnato dalla guerra in Vietnam, e quello giapponese, caratterizzato dalle specifiche tecniche di lotta e dalla violenza delle manifestazioni, apparvero come dei precursori. Dopo USA e Giappone seguirono la Repubblica Federale Tedesca, la Gran Bretagna, l’Italia, la Spagna, il Belgio, la Svezia, la Francia, ma anche Polonia e Cecoslovacchia, e nell’autunno dello stesso anno il Messico.