Hanno rispettivamente 26 e 30 anni il capitano di PS Straullu e il suo autista Di Roma quando vengono uccisi la mattina del 21 ottobre 1981 a Ponte Ladrone, Acilia. Gli assassini appartengono ai NAR e mettono in campo nell’attentato tutta l’esperienza militare accumulata nei campi di addestramento Israeliani e Cristiano Maroniti in Libano.
Curiosa la simbiosi tra istruttori di Tsahal e militanti neonazisti, come curioso è il richiamo agli Indiani d’America contenuto simbolicamente nella lancia che Cavallini avrebbe dovuto appuntare sul cadavere del Capitano di PS.
Purtroppo non ci sarà niente in cui infiggere la lancia dopo che la grandinata di piombo dei fucili d’assalto usati da killer fascisti avrà devastato i corpi dei due poliziotti
Una violenza inaudita, premeditata, mai vista prima di allora nello scenario eversivo italiano che giustifica la domanda :
perché tutto questo odio? Perché infierire sui copri esanimi? Solo per rancore verso un nemico, un poliziotto inesorabile con all’attivo l’arresto di 56 criminali neri o c’è dell’altro?
In tanti a destra, giustificheranno l’odio con le violenze fisiche inflitte da Straullu durante gli interrogatori, in particolare ai danni di due NAR, De Francisci e Brugia, ma questo non basterà ad allontanare il sospetto che tanta efferatezza rispondesse anche ad un codice malavitoso: la punizione per chi insidia la donna di un galeotto.
Sarà proprio un amico di Riccardo Brugia, Massimo Carminati ha porsi lo stesso interrogativo a 35 anni dal fatto. In una conversazione con Mario Corsi intercettata dal ROS nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale, il “Cecato” ricorderà la relazione nata tra Straullu e la donna di Egidio Giuliani, già detenuto per terrorismo all’epoca.
La presenza di Giuliani sarà parte integrante delle ricorrenti “triangolazioni” che attraversano 40 anni di eversione nera in Italia: armiere della Banda della Magliana, ispiratore di nuclei armati rosso-neri a fine anni ‘70, fornitore del silenziatore in dotazione agli assassini di Valerio Verbano, implicato nella strage della Stazione di Bologna, fino alla condanna ai giorni nostri per la partecipazione nell’omicidio Fanella, il cassiere di Mokbel.
Di Straullu a parte il ricordo della sua giovane vita spezzata, restano le leggende mai confermate, come quella di chi ricordava quel giovane funzionario dichiaratamente di sinistra entrare in commissariato con la copia de “Il Manifesto” in tasca.
Per certo la sua morte che seguì di poco quella del giudice Mario Amato contribuirà a lasciare incompiute le inchieste sugli omicidi fascisti di quegli anni e impuniti i loro autori.